Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

Il padrone, rispondendo a uno dei servi, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.

Dal commento di padre Ermes Ronchi

E poi, il cuore della parabola: il momento della paga. Primo gesto contromano: cominciare dagli ultimi, che hanno lavorato un’ora soltanto. Secondo gesto contro logica: pagare un’ora soltanto di lavoro quanto una giornata di dodici ore. Mi commuove il Dio presentato da Gesù: un Dio che con quel denaro, che giunge insperato e benedetto a quattro quinti dei lavoratori, vuole dare ad ognuno quello che è necessario a mantenere la famiglia quel giorno, il pane quotidiano. Il nostro Dio è differente, non è un padrone che fa di conto e dà a ciascuno il suo, ma un signore che dà a ciascuno il meglio, che estende a tutti il miglior dei contratti. Un Dio la cui prima legge è che l’uomo viva. Non è ingiusto verso i primi, è generoso verso gli ultimi. Dio non paga, dona. È il Dio della bontà senza perché, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che sa saziarci di sorprese, che ama in perdita.

Spunti per la riflessione:

  • Mi sento a servizio del Signore? Da quanto tempo?
  • Il servizio a cui mi sento chiamato è mio o del Signore?